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IL LEOPARDO DELLE NEVI (Sylvain Tesson)

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  PREMESSA Ho cominciato a leggere Sylvain Tesson anni fa e ne è nata una piccola passione. Da questa mia passione è nato il desiderio di farlo conoscere ai miei amici italiani che non leggono in lingua originale (per chi volesse, caldamente propongo  QUI  un breve “assaggio” della magica prosa di Tesson, tradotta il più vicino possibile alla versione originale). Un giorno, scorrendo una delle sue numerose raccolte di racconti (tra l’altro, Sylvain Tesson ha vinto nel 2009 il prestigioso Premio Goncourt per il racconto) mi imbatto in un testo che, più di altri, fa vibrare alcune mie corde nascoste: un trek nel cupo mondo dell’Himalaya e un guizzo nell’irrazionale. Ho un amico direttore di una bella rivista di montagna. Gliene parlo, ma la risposta è senza mezzi termini: «Due-tre volte troppo lungo. Non si può. Prova a riassumerlo.» Riassumerlo è una parola. Comincio, ci provo, sudo. Taglio: non nella carne; nelle cartilagini, nel grasso, nelle pieghe della pelle. ...

EPITAPH TO A DOG / EPITAFFIO A UN CANE

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EPITAPH TO A DOG,  Lord Byron – 1788-1824 Near this Spot are deposited the Remains of one who possessed Beauty without Vanity, Strength without Insolence, Courage without Ferosity, and all the virtues of Man without his Vices. This praise, which would be unmeaning Flattery if inscribed over human Ashes, is but a just tribute to the Memory of  BOATSWAIN, a DOG, who was born at Newfoundland May 1803, and died in Newstead Abbey, Nov. 18th, 1808. (Epigraph of John Hobhouse) When some proud Son of Man returns to Earth, Unknown to Glory but upheld by Birth, The sculptor’s art exhausts the pomp of woe, And storied urns record who rests below: When all is done, upon the Tomb is seen Not what he was, but what he should have been. But the poor Dog, in life the firmest friend, The first to welcome, foremost to defend, Whose honest heart is still his Master’s own, Who labors, fights, lives, breathes for him alone, Unhonour’d falls, unnotic’d all his worth, Deny’d in heaven the Soul he hel...

PALÙ DREAMING

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Certo, ci vuole un bel coraggio a raccontare una gita di scialpinismo del 1960: vecchi sci, vecchi attacchi, vecchi scarponi, vecchi pantaloni alla zuava, vecchi maglioni di lana, vecchia gioventù... Un vago odore di muffa. Perché allora? Lo faccio perché ho scommesso con un amico che sarei riuscito a interessare almeno venticinque lettori di questo mio blog. Su sette posso già contare. Ne mancano ancora diciotto. Non è poco. Io ci provo. Prologo Aprile 1960. Due amici; due amici-rivali un po’ in tutto: amore, montagna, scialpinismo... Lui si chiama Giors. Pretende di essere più forte di me. Mah… Insomma: due ragazzi di vent’anni ciascuno. Una valutazione delle nostre capacità scialpinistiche aveva dato questo risultato. Tecniche di discesa: 5/6 . Tecniche di salita: 7. Amore per la monta gna: per me 8+, per lui... non so. Io, poco tempo prima, avevo visto un vecchio film muto, molto drammatico: Tragedia al Pizzo Palù,  ...